Scoperti i geni che aiutano a "leggere nel pensiero".


A quanto pare saper leggere pensieri ed emozioni negli occhi delle persone è anche una questione di DNA; o almeno questo è quanto ha dimostrato un grande studio genetico internazionale studio condotto da alcuni ricercatori dell'Università di Cambridge e pubblicato di recente sulla rivista Molecular Psychiatry. In pratica, durante tale ricerca, effettuata su oltre 89.000 persone con l'ausilio della società biotech californiana 23andMe, dell'Università Paris Diderot, dell'Istituto Pasteur e sostenuta anche da Google, gli studiosi inglesi hanno scoperto alcune varianti genetiche sul cromosoma 3, le quali sono risultate essere associate, appunto, ad un maggiore intuito ed empatia nelle donne, ma che potrebbero essere collegate anche all'insorgenza dell'anoressia. In sostanza dal database genetico della 23andMe sono stati selezionati numerosi volontari arruolati nello studio, i quali hanno accettato di sottoporsi ad un semplice test, chiamato "Read Mind in the Eyes Task" e formulato 20 anni fa proprio presso l'ateneo inglese per misurare, appunto, l'empatia cognitiva, vale a dire la capacità degli individui di leggere le intenzioni e lo stato emotivo degli altri semplicemente guardandoli negli occhi. Ad ogni modo, come già anticipato, confrontando i dati raccolti con il genoma dei partecipanti, sono state individuate perfino alcune varianti genetiche localizzate sul cromosoma 3, che sarebbero legate all'intuito femminile ma anche ad un aumentato rischio di anoressia nervosa. Inoltre tra i geni finiti nel mirino dei ricercatori inglesi c'è anche LRRN1, (acronimo di Leucine Rich Neuronal 1), il quale risulta particolarmente attivo in una regione del cervello, (chiamata "corpo striato"), che a sua volta gioca un ruolo centrale nell'empatia cognitiva: non a caso le varianti genetiche associate all'intuito sono anche legate ad un maggior volume dello striato. Insomma, questi risultati hanno confermato che alcune persone riescono a leggere nel pensiero meglio di altre, e che le donne in genere hanno una marcia in più rispetto agli uomini. Al riguardo Thomas Bourgeron, dell'ateneo francese, ha, infine, concluso spiegando: "Lo studio dimostra che l'empatia è in parte genetica, ma non dobbiamo dimenticarci dell'importanza di altri fattori di tipo sociale, come le esperienze nei primi mesi di vita e l'educazione".

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