Scoperto che il bullismo agisce sul cervello dei bulli come una droga e crea dipendenza.


A quanto pare un recente studio condotto da alcuni ricercatori del Mount Sinai Hospital ha analizzato e mostrato il bullismo ed i bulli sotto un nuovo punto di vista: secondo gli scienziati, infatti, il comportamento aggressivo verso soggetti più deboli potrebbe essere legato all'alterazione del meccanismo cerebrale legato alla ricompensa, ossia quel complesso sistema di azioni e reazioni che fa provare piacere alle persone nel fare una determinata cosa, (esempio più classico: fumare una sigaretta), al punto da volerlo ripetere più volte. In pratica la biologia dell'aggressività è nota da tempo e coinvolge strutture cerebrali ben identificate, quali i nuclei ventromediali dell'ipotalamo, l'amigdala ed i circuiti limbici, ma tuttavia quello che ancora non si conosceva era, appunto, il legame tra il cosiddetto "circuito della ricompensa" e l'aggressività. In sostanza durante il suddetto studio gli scienziati si sono chiesti: "Che cosa scatena nei bulli la gratificazione che segue l'espressione di violenza?"; la risposta è stata che, come è facile intuire, questi meccanismi possono giocare un ruolo chiave nel favorire la ripetizione di comportamenti aggressivi. Entrando un po' più nel dettaglio i ricercatori newyorkesi hanno condotto la loro analisi su diversi gruppi di topi: per 3 giorni consecutivi hanno messo nella gabbia dei maschi adulti un soggetto più giovane, il quale naturalmente si trovava così in una posizione di inferiorità sociale. Così facendo hanno scoperto che il 70% dei soggetti più anziani ha manifestato comportamenti aggressivi nei confronti del piccolo mentre il 30% non ha mostrato alcuna reazione. Inoltre nei giorni successivi i maschi risultati essere "bulli" sono stati testati con la tecnica della risposta condizionata, vale a dire che sono stati messi in grado di scegliere se affrontare nuovamente la situazione che aveva scatenato quella risposta aggressiva oppure ritirarsi senza creare seccature. Il risultato di ciò è stato che tutti i topi aggressivi hanno scelto nuovamente di affrontare e sottomettere il giovane intruso: secondo gli scienziati questo sarebbe un chiaro segnale che la reazione violenta precedente ha lasciato negli animali un piacevole ricordo, al punto tale da far sviluppare in loro una dipendenza ed indurli a ripetere l'esperienza una seconda volta. Ad ogni modo una volta constatato ciò i ricercatori newyorkesi si sono concentrati sull'identificazione dei circuiti neuronali che scatenano questa sensazione piacevole: attraverso l'utilizzo di sostanze chimiche specifiche che inibiscono alcune sinapsi, hanno identificato delle strutture in alcune connessioni tra il prosencefalo basale e l'habenula laterale che nei topi controlla, appunto, il comportamento aggressivo. Comunque sia, anche se adesso serviranno ancora numerosi studi per verificare il funzionamento di queste strutture cerebrali nell'uomo, se queste prime intuizioni dei ricercatori fossero confermate potrebbe, infine, aprirsi la possibilità di una terapia farmacologica per il trattamento dell'aggressività, della violenza ed ovviamente del bullismo.

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