Scoperto che la neurogranina potrebbe essere un biomarcatore per l'Alzheimer.


A quanto pare il liquido cerebrospinale, (spesso abbreviato con la sigla CSF), dei malati di Alzheimer mostra livelli più elevati di neurogranina; o almeno questo è quanto hanno scoperto di recente alcuni ricercatori del VU University Medical Center di Amsterdam, i quali hanno pubblicato i dettagli della loro sperimentazione su JAMA Neurology. Al riguardo Maartje Kester, prima autrice dello studio, ha dichiarato: "I nostri dati suggeriscono che la neurogranina può essere un indicatore diagnostico potenzialmente utile per la diagnosi, la prognosi ed il monitoraggio del morbo di Alzheimer". In pratica i ricercatori olandesi hanno misurato i livelli di neurogranina, appunto, nel CSF di 163 pazienti: di questi 37 mostravano una funzione cognitiva nella norma, 61 un decadimento cognitivo lieve e 65 erano affetti dall'Alzheimer. In sostanza i soggetti sono stati sottoposti a 2 punture lombari a distanza di 2 anni l'una dall'altra, ed allo stesso tempo hanno effettuato un esame cognitivo completo ogni 4 anni per la verifica di un eventuale decadimento progressivo. Ad ogni modo alla fine di questo follow-up, (durato in media 3,8 anni), la dottoressa Maartje Kester ed i suoi colleghi hanno utilizzato l'analisi della varianza, (nota anche con la sigla ANOVA), aggiustata per sesso ed età allo scopo di determinare le differenze di base e la cosiddetta "regressione di Cox" per prevedere la progressione della malattia di Alzheimer nei pazienti con deterioramento cognitivo lieve. In tal proposito gli autori dello studio in questione hanno spiegato: "I livelli basali di neurogranina erano significativamente più alti nei pazienti con Alzheimer rispetto a quelli cognitivamente normali. Questo può significare che la neurogranina è in grado di riflettere precocemente la perdita sinaptica propria dell'Alzheimer, rivelandosi un utile indicatore prognostico". Mentre, commentando la ricerca, il professor Henrik Zetterberg, dell'Istituto di neurologia della University College London, ha scritto un editoriale in cui si può, infine, leggere: «Questo studio aggiunge un altro tassello a quanto emerso da diversi studi indipendenti: la neurogranina nel CSF è un biomarcatore promettente per la malattia di Alzheimer. A questo punto servono nuovi studi per verificare la correlazione tra neurogranina ed altri indicatori di tale malattia tra cui l'atrofia ippocampale e la tomografia ad emissione di positroni».

Commenti