Secondo una nuova ipotesi, i dinosauri morirono a causa dalla materia oscura.


A quanto pare le grandi estinzioni di massa che in passato hanno quasi cancellato la vita sulla Terra sarebbero state provocate dalla cosiddetta "materia oscura", (vale a dire l'insieme di particelle subatomiche e di sostanza invisibile che costituisce quasi il 90% della massa dell'intero Universo). O almeno questo è quanto ha sostenuto di recente Michael Rampino, docente di biologia presso l'Università di New York, in un articolo pubblicato sul Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, (noto anche con la sigla MNRAS), nel quale descrive un possibile scenario che lega, appunto, tra loro due grandi misteri irrisolti della scienza moderna: la materia oscura e le improvvise estinzioni avvenute sulla Terra. In pratica l'ipotesi più accreditata sulla scomparsa dei dinosauri, (ovvero la più recente delle suddette estinzioni di massa avvenuta circa 66 milioni di anni fa), è quella dell'impatto con un corpo roccioso di 10 chilometri di diametro: l'energia sprigionata dallo scontro avrebbe spazzato via il 70% delle specie viventi. Ma tuttavia quello che gli scienziati si chiedono praticamente da sempre è se questo impatto sia stato frutto di una pura fatalità oppure se a provocarlo sia stato qualche agente esterno. Al riguardo, secondo Michael Rampino, il Sistema Solare transita periodicamente in prossimità di agglomerati di materia oscura che avrebbe perturbato l'orbita di asteroidi e comete spostando la traiettoria di tali corpi rocciosi verso la Terra. Ma non solo: gli effetti sul nucleo del pianeta di questa sostanza elusiva avrebbero causato cataclismi geologici in grado di annientare la maggior parte delle entità biologiche che hanno popolato la Terra nei passati milioni di anni. In altre parole il nostro Sistema Solare si trova nel cosiddetto "disco galattico", (ossia a circa 25.000 anni luce dal centro della galassia), attorno al quale orbita compiendo un giro completo ogni 250 milioni di anni. Tuttavia durante il suo viaggio oscilla su e giù dal piano del disco galattico ad intervalli di circa 30 milioni di anni. Ed è stato prendendo in esame queste oscillazioni che Michael Rampino ha notato che queste si sono verificate in coincidenza con piogge cometarie che hanno investito la Terra ed, appunto, con le grandi estinzioni di massa: la maggiore concentrazione di materia oscura incontrata durante questi movimenti periodici sul piano della galassia avrebbe dunque alterato l'orbita di comete che normalmente dovrebbero transitare a grande distanza dal nostro pianeta. Ad ogni modo la materia oscura rappresenta un enigma sul quale gli scienziati di tutto il mondo si stanno interrogando da anni: non è visibile in alcun modo, (come suggerisce lo stesso nome), perché non produce alcuna radiazione elettromagnetica né altre emissioni, ma tuttavia si osservano i suoi effetti gravitazionali sul moto delle stelle e dalle galassie, le quali si spostano e si avvicinano proprio sotto l'azione della sua forza attrattiva. Comunque sia, secondo un'altra ipotesi avanzata dallo stesso Michael Rampino, le particelle di materia oscura si sarebbero accumulate nel centro della Terra e scontrandosi tra di loro avrebbero generato una gran quantità di calore, che a sua volta avrebbe innescato fenomeni geologici, come eruzioni vulcaniche, terremoti, formazione di catene montuose ed inversione del campo magnetico terrestre; oltre all'innalzamento del livello degli oceani, fenomeno anch'esso che si ripete ogni 30 milioni di anni. Insomma, uno scenario con condizioni ostili alla vita che avrebbe contribuito, (più degli impatti cometari), ad estinguere la maggior parte degli esseri viventi. Ed anche se quest'ipotesi è attualmente al vaglio della comunità scientifica, una recente scoperta potrebbe avvalorarla. Difatti un team di astronomi ha individuato una stella che 70.000 anni fa è passata vicinissima al Sistema Solare, sfiorando la Nube di Oort, (ovvero la zona più esterna dove si annidano miliardi di nuclei cometari). Si tratta della stella di Scholz, (dal nome dell’astronomo tedesco che l'ha scoperta nel 2013), che attualmente si trova nella costellazione dell'Unicorno, a 20 anni luce dalla Terra, ma che in passato si è trovata a soli 0,8 anni luce di distanza: 5 volte più vicino di Proxima Centauri; distanza che nessuna altra stella aveva mai raggiunto. In sostanza gli astronomi hanno ricostruito il suo percorso misurando la sua velocità attraverso i super telescopi in Sud Africa ed in Cile e tramite simulazioni computerizzate, come raccontato in un articolo pubblicato sull'ultimo numero dell'Astrophysical Journal Letters. In pratica la stella di Scholz è una nana rossa 10 volte più piccola del Sole e che si trascina appresso una compagna: una nana bruna, ossia una stella così poco massiccia che non riesce ad accendere al suo interno le reazioni nucleari che bruciano l'idrogeno. Inoltre, nonostante questa coppia di astri abbia una luminosità 50 volte inferiore alla più debole stella visibile ad occhio nudo, l'intensa attività magnetica della stella più grande può produrre repentini brillamenti che per brevi periodi la fanno risplendere migliaia di volte più intensamente. Ad ogni modo gli astrofisici ritengono che negli anni gli astri che sono passati così vicino alla Nube di Oort possono essere la causa dei bombardamenti di comente che hanno provocato le grandi estinzioni di massa.

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