È possibile utilizzare i riflessi oculari per identificare i criminali?


A quanto pare gli occhi non sono solo lo specchio dell'anima, (come dice un vecchio detto popolare), ma possono essere anche uno strumento utile per la cattura dei criminali. O almeno questo è quanto hanno fatto sapere i ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Glasgow, i quali di recente, (grazie ad una ricerca pubblicata su PLOS ONE), hanno scoperto che le immagini riflesse, appunto, negli occhi delle vittime possono consentire l'identificazione dei sospettati. In pratica chi segue la famosa serie CSI - Scena del crimine riconoscerà sicuramente la tecnica utilizzata durante il suddetto studio dal dottor Rob Jenkins e da Christie Kerr, ma tuttavia il successo dell'esperimento ha richiesto il rispetto di determinate condizioni. Infatti solitamente durante le investigazioni, la polizia scientifica raccoglie diverse prove sulla scena del crimine: qualche volta i criminali dimenticano volutamente o accidentalmente la loro fotocamera, con la quale scattano foto delle vittime di rapimenti o abusi sessuali. Perciò in questi casi si potrebbe identificare il colpevole, e/o gli altri individui presenti, dai riflessi negli occhi dei soggetti inquadrati dall'obiettivo della fotocamera; considerando che numerose ricerche hanno stabilito che il cervello umano è in grado di identificare i volti di familiari o persone note anche se l'immagine ha una risoluzione molto bassa. E quindi sarebbe sufficiente effettuare uno zoom per scoprire il volto del colpevole riflesso nell'occhio della vittima. Ad ogni modo per l'esperimento condotto dai ricercatori dell'Università di Glasgow sono stati arruolati 8 volontari, ognuno dei quali è stato fotografato ad un metro di distanza con una Hasselblad H2D da 39 Megapixel, (ISO 50, apertura f8, ed otturatore 1/250 sec.), dotata di obiettivo macro da 120 mm. In sostanza ai lati del soggetto ed alle spalle del fotografo, (e di altri 4 presenti), sono stati posizionati 4 flash; il risultato è stato un volto riflesso sulla cornea dei volontari, avente una dimensione compresa tra 27 e 36 pixel in larghezza e 42 e 56 pixel in altezza. Dunque l'immagine è stata successivamente ingrandita usando l'interpolazione bicubica, mentre luminosità e contrasto sono stati corretti con la funzione "Contrasto automatico" di Photoshop, il più famoso e completo programma di fotoritocco. Dopo di che due gruppi di volontari hanno confrontato l'immagine del volto riflesso negli occhi con le foto delle stesse persone scattate però 14 mesi prima, ottenendo così una percentuale del cosiddetto "face matching" compresa tra il 71% e l'84%. In ogni caso i ricercatori ritengono che, utilizzando più immagini riflesse da entrambi gli occhi, si potrebbe addirittura ricostruire una rappresentazione 3D dell'ambiente. Tuttavia le immagini potranno essere usate come prova solamente se il soggetto risulta correttamente "a fuoco", se il fotografo si trova frontalmente, e se ci sono le condizioni ideali di illuminazione. Ed, infine, sarebbe necessaria una fotocamera ad altissima risoluzione; ma con la diffusione di smartphone evoluti, (come, ad esempio, il Nokia Lumia 1020), quest'ultimo ostacolo verrà ben presto superato.

Di seguito il breve video allegato al suddetto studio:

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