Google ed Adidas presentano le Talking Shoes, le scarpe social che parlano.


Avreste mai pensato che un giorno la vostre scarpe vi parlassero? E bene da oggi questo sarà possibile grazie alle Talking Shoes, vale a dire calzature intelligenti dotate di giroscopio, accelerometro, sensore di movimento ed altoparlante, presentate in questi giorni da Google ed Adidas al South by SouthWest, (nota anche con la sigla SXSW); ovvero il festival di creatività tecnologica che si tiene ogni anno a Austin, (in Texas). In sostanza l'aspetto delle Talking Shoes è quello di una comune sneaker da basket, con punta piatta e le tre strisce del marchio tedesco ben evidenti ai lati; l'unica cosa che la distingue dalle altre scarpe, (esteticamente parlando), è un grande altoparlante posto sulla linguetta, dove risiedono anche altri sensori. E dunque si tratta di un vero e proprio concentrato di tecnologia che monitora il livello di attività di chi le indossa, interagendo in tempo reale con 250 frasi preimpostate. Infatti nel momento in cui registrano una scarsa attività motoria, queste scarpe intervengono proponendo di "fare una partita a basket" oppure che "è ora di una corsetta". Ovviamente il tono di voce delle scarpe non sarà come quello del Sergente Maggiore Hartman del film Full Metal Jacket, ma quasi; e se non vengono ascoltate, peggio per chi le indossa. Infatti una volta allacciate, le smartshoes inizieranno a lanciare messaggi modellati sul flusso delle informazioni di movimento dei rispettivi possessori. Nel tentativo di traduzione automatica delle attività fisiche, le scarpe intelligenti suggeriranno percorsi di jogging, bacchettando i corridori più pigri con espressioni del tipo: "Sei forse una statua? Andiamo!". Per di più un modulo bluetooth permetterà di connetterle allo smartphone e di interagire con un'applicazione dedicata che condivide i propri risultati sportivi in Rete, sui vari Social Network ed, oltretutto, le comunicazioni da scarpa a uomo verranno poi condivise su Google+ ed eventualmente commentate in tempo reale dai propri amici. Naturalmente prima di esprimere la loro opinione sul comportamento fisico che registra, le scarpe analizzano i dati per definire dei profili, ed attraverso il collegamento con un dispositivo mobile, (ovviamente Android in questo caso), le smartshoes valuteranno il loro giudizio e lo trasmetteranno al mondo esterno, come ad esempio al display di uno smartphone. E può capitarsi di sentirsi dire di essere dei: "Campioni dello stare seduti in poltrona", più facilmente che farsi elogiare come grandi maratoneti. Al riguardo Leif Percifield, di YesYesNo, ovvero la startup che ha sviluppato il sistema insieme ai due colossi, ha spiegato: "L'applicazione posta tutti i risultati sul tuo profilo così che i tuoi amici possano vedere come tratti le scarpe e cosa loro dicono di te. Queste scarpe non registrano i dati ottenuti, qui avviene tutto in tempo reale, dicendoti in faccia ciò che pensano di te e come ti stai comportando". E dunque si può dire che l'unico potere di chi le indossa sarà nel tasto off. Ad ogni modo il progetto delle scarpe parlanti fa parte di un più ampio scenario di Google, denominato "Art, copy, code", vale a dire un excursus artistico con forti radici tecnologiche. Più che altro un focus sulla comunicazione possibile al tempo dell'hi-tech, con le scarpe parlanti come protagoniste sì, ma non tanto come innovazione tecnologica, tanto quanto nel contesto comunicativo. Infatti l'intenzione principale è quella di inserire un aspetto sociale e condivisibile negli oggetti di uso comune. In questo modo se le scarpe possono dire quanto è pigro chi le indossa, una lavatrice può, ad esempio, lamentarsi della scarsa qualità dei vestiti che lava; un aspetto sociale delle macchine e degli oggetti, che sta portando sempre più vicino al cosiddetto "internet delle cose". Tuttavia al momento le Talking Shoes sono più una trovata pubblicitaria da festival che un prodotto destinato a finire sul mercato a breve, anche se la loro nascita non è destinata a rimanere lettera morta. Infatti le smartshoes vanno ad arricchire il comparto della cosiddetta tecnologia indossabile, composto da tutti quegli oggetti tra il futuristico e il futuribile che stanno tentando una fusione tra il genere umano e l'hi-tech per trasformare l'uomo in una sorta di cyborg senza far ricorso agli impianti corporali o cerebrali immaginati dalla letteratura fantascientifica. Un settore in cui si trovano, per esempio, FuelBand, (il braccialetto della Nike che registra gli avanzamenti a livello sportivo), oppure i Google Glass, (cioè gli occhiali intelligenti che consentono di interagire con lo smartphone senza toccarlo e non solo), o anche il tanto rumoreggiato iWatch, (ovvero l'orologio di Apple che, secondo le indiscrezioni, si adatterà al polso come una seconda pelle permettendo di usare diversi dispositivi come farebbe un agente come 007). Ma probabilmente dentro i laboratori di Google sono tante le idee che prendono forma, e poche quelle che diventano realtà. Una di queste sono proprio i tanto attesi Google Glass, che, secondo alcune fonti, verranno arricchite dal progetto InSight, sviluppato dallo stesso colosso californiano assieme ad alcuni ricercatori dell'University of South Carolina e della Duke University. Grazie a questa nuova applicazione mobile, gli occhiali intelligenti saranno in grado di identificare una persona attraverso il suo abbigliamento. In parole povere InSight sfrutterà la videocamera di uno smartphone per compilare il profilo digitale di una persona attraverso quelle informazioni sensoriali basate sul vestiario. In questo modo i Google Glass saranno in grado di offrire un eventuale feedback identitario positivo in caso di nuovo incontro nella vita reale.

Di seguito le immagine ed il video di presentazione delle Talking Shoes:

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