Secondo recenti studi, la Luna conteneva acqua al suo interno.


A quanto pare la Luna ha dell'acqua "nativa", nascosta nelle sue rocce. O almeno questo è quanto hanno scoperto quattro scienziati analizzando con nuovi strumenti i campioni portati dagli astronauti sulla Terra, misurandone le quantità. In pratica nel Dicembre 1972 Eugene Cernan al comando della spedizione Apollo XVII fu l'ultimo dei dodici uomini a passeggiare sulle sabbie seleniche. E dunque per ben sei volte si è sbarcati in zone diverse dell'equatore raccogliendo e portando sulla Terra circa 382 chilogrammi di pietre, sassi e polveri. Successivamente la NASA costruì nel suo centro dei voli umani di Houston, (in Texas), il Lunar Receiving Laboratory, (conosciuto anche con la sigla LRL), nel quale custodisce ancor oggi i preziosi reperti in un'atmosfera neutra di azoto per permettere agli scienziati di studiarli anche in futuro, quando strumenti più sofisticati consentiranno di scoprirne meglio la loro natura. Ed è quello che è accaduto ora; infatti dopo quattro decenni, facendo ricorso ad un nuovo tipo di microscopio abbinato ad uno spettroscopio. I risultati, che sono stati pubblicati sulla rivista britannica Nature Geoscience, hanno fatto sapere che sulla Luna vi era acqua nativa, portando così a riscrivere i passi della storia del nostro satellite naturale. Infatti, secondo la teoria più accreditata, la Luna sarebbe nata dallo scontro con la Terra di un corpo celeste della taglia di Marte. Quest'ultimo avrebbe sollevato nello spazio una grande quantità di materiale poi coagulato sino a formare la "pallida selene" delle nostre notti. Ma si diceva che si fosse trattato di un processo molto caldo che difficilmente avrebbe potuto consentire la sopravvivenza dell'acqua anche nelle rocce. E così sembrava sin dalle prime osservazioni. Tuttavia circa cinque anni fa alcuni ricercatori, indagando con metodi diversi i campioni prelevati dagli oceani di lava, (in particolare dei grani di plagioclasio), hanno scoperto che contengono concentrazioni d'acqua ben più elevate di quanto si era ipotizzato e che, secondo alcuni, potevano essere frutto di inquinamento cosmico. Al riguardo Hejiu Hui dell'Università di Notre Dame, (nell'Indiana), alla guida del gruppo dei ricercatori della NASA e dell'Università del Michigan ha spiegato: "Le rocce racchiudono sei parti per milione di acqua. Certo, sono più aride delle pietre nei deserti terrestri ma la quantità non è trascurabile. Anzi, allargando le analisi possiamo concludere che gli oceani di magma arrivano a 320 parti per milione di acqua, vale a dire l'1,4% in peso". Dal punto di vista scientifico questo significa che l'evoluzione geologica della Luna ha seguito un processo un po' diverso, più lento e che erano in gioco quantità d'acqua iniziali più rilevanti del previsto. In tal proposito Hejiu Hui ha commentato: "Quindi a questo punto varie idee devono essere riconsiderate". Inoltre della  presenza di ghiaccio proveniente dall'acqua si era già iniziato a parlare già nel 1996, quando la sonda americana Clementine, (inviata sul nostro satellite nel 1994), stava raccogliendo alcuni indizi della sua presenza in alcuni crateri delle zone polari dove il buio ed il gelo sono perenni perché i raggi solari non riescono ad arrivare mai. Tuttavia all'epoca si pensava che a portarlo fossero state le comete passate da quelle parti in epoche remote. Mentre altre sonde, (come ad esempio, le ultime Chandryaan-1 e LRO), approfondirono la questione offrendo qualche cifra, (ovvero il 5,6% di acqua in peso), ed una stima di 600 milioni di tonnellate di ghiaccio presente ai poli. Al riguardo Hejiu Hui ha, infine, concluso spiegando: "L'acqua è la risorsa di base per la costruzione di colonie lunari. Il nuovo risultato ne mostra una maggiore diffusione ed amplia le possibilità contribuendo a rendere la prospettiva più credibile".

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