La Commissione Europea decide di agire contro quelle grandi multinazionali che "evadono" legalmente le tasse.


In questi giorni la Commissione Europea sta lavorando per un significativo rafforzamento delle proprie "armi" contro tutte quelle multinazionali come Apple, Facebook, Google, Starbucks ed Amazon che, spostando i propri utili verso i Paesi a fiscalità privilegiata, sottraggono alle casse degli stati membri una cifra stimata in circa 60 miliardi di dollari all'anno. Inoltre le mosse della Commissione giungono non a caso in un periodo in cui più di un governo si sta misurando con problemi di liquidità ed in cui si moltiplicano le rivelazioni sui trattamenti fiscali privilegiati di cui godono numerose imprese che navigano con grande malizia le complessità e disparità impositive dei diversi sistemi fiscali in vigore in Europa. E dunque la Commissione Europea sembra orientata a chiedere che in primo luogo gli Stati membri adottino una definizione comune di ciò che costituisce un paradiso fiscale, e quindi sospendano o cancellino gli attuali accordi sulla doppia imposizione con tali Paesi, impedendo così alle aziende di utilizzarli per evadere legalmente le tasse. In pratica la nuova definizione si baserebbe sul codice di condotta dell'Unione Europea in materia di tassazione delle imprese, i cui criteri per l'identificazione dei paradisi fiscali includono non solo la mancanza di trasparenza e di rifiuto di scambio di informazioni, ma anche pratiche come l'offerta di agevolazioni fiscali solo per le società non residenti. Inoltre la Commissione Europea sembra orientata a raccomandare due ulteriori passi mirati a ridurre i margini di discrezionalità di cui godono le società nello scegliere i sistemi fiscali ai quali sottoporsi quando operano in Europa. In sostanza il primo passo prevede che gli Stati membri dovrebbero includere una clausola anti-abuso nella loro legislazione nazionale che permetterebbe alle autorità fiscali di non tener conto di eventuali prassi aziendali fatte a scopo fiscale, anziché commerciale. Mentre il secondo passo prevede che, al fine di evitare dei casi "doppia assenza di imposizione", gli Stati membri dovrebbero inserire una clausola nei loro accordi sulla doppia imposizione, specificando che un Paese è esentato dal pagare tasse sugli utili solo se tale reddito è tassato nell'altro Stato contraente. Comunque sia queste mosse potrebbero colpire Paesi come l'Irlanda che non solo offrono un regime fiscale favorevole, ma che anche dal punto di vista legislativo sono dotati di regole non particolarmente severe quando si tratta di norme antiabuso. Non a caso il Paese in questione è la sede di numerosissime società americane che operano in Europa a condizioni fiscali estremamente favorevoli, come quelle che lo scorso anno hanno consentito a Google di pagare, in Gran Bretagna, soltanto 10 milioni di dollari di tasse a fronte degli oltre 4 miliardi di dollari di fatturato. Per di più un altro caso simile è quello che riguarda Starbucks che negli ultimi tre anni non ha pagato alcun tipo tassa in Gran Bretagna, pur avendo un fatturato complessivo di 1 miliardo e 200 milioni di sterline e ben 735 caffetterie in tutto il Regno Unito. E nemmeno Amazon sfugge a queste regole; difatti recentemente la multinazionale americana in un documento pubblicato sul sito della Securities and Exchange Commission ha rivelato di essere passibile di una multa di 252 milioni di dollari per una vicenda che riguarda un contenzioso con il Fisco francese.

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