Un recente studio ha scoperto il segreto dell'invecchiamento delle cellule.



Un recente studio condotto da Marzia Fumagalli e Francesca Rossiello sotto la guida di Fabrizio d'Adda di Fegagna, responsabile all'IFOM, (acronimo di Istituto FIRC di Oncologia Molecolare), del programma di ricerca denominato "Telomeri e senescenza", il quale disegna la mappa delle regioni più indifese del genoma, ha permesso di scoprire che nelle estremità dei cromosomi, ovvero i telomerii danni al DNA sono irreparabili, e quindi che le cellule sono condannate ad invecchiare. In pratica la ricerca, che ha visto una stretta collaborazione tra i ricercatori dell'IFOM e studiosi dell'Università Milano-Bicocca e della New Jersey Medical School, ha dimostrato la vulnerabilità delle suddette parti del DNA che ha conseguenze in uno dei processi fiosiologici fondamentali, vale a dire l'invecchiamento. La causa sarebbe una determinata sostanza del sistema di auto-protezione che ripara la cellula, ovvero mette insieme o fonde alcune estremità separate del DNA. Tuttavia i telomeri rimangono fuori da questo processo, perché, come ha spiegato l'esperto: "Se ad essere scambiate per estremità da riunire fossero le parti terminali dei cromosomi, si avrebbe un'anomala fusione tra cromosomi, indesiderata dalla cellula, che metterebbe a rischio la stabilità e l'organizzazione dell'intero genoma". Inoltre da tempo è stato verificato che le cellule, così come tessuti ed organismi, invecchiano, cioè smettono di crescere e dividersi in continuazione. Praticamente le cellule proliferanti sono in grado di percepire il trascorrere del tempo ed ad un certo punto smettono di riprodursi, proprio a partire dai telomeri, poiché ad ogni ciclo vitale ne perdono un pezzo. Questo fenomeno totalmente normale dipende dal medesimo meccanismo con il quale esse copiano il proprio materiale genetico prima di duplicarsi. Tuttavia però esistono alcune cellule che non proliferano e quindi non perdono le proprie sequenze telomeriche. Prime fra queste, i neuroni che, essendo specializzate nello svolgimento delle proprie funzioni, hanno smesso di dividersi. E quindi alcuni esperti si sono chiesti: "Come fanno queste cellule a capire che stanno invecchiando?". La risposta potrebbe arrivare proprio dalle implicazioni della nuova scoperta pubblicata oggi sulla rivista Nature Cell Biology. Infatti il trascorrere del tempo non riducono soltanto i telomeri, poiché, come ha spiegato Fabrizio d'Adda di Fegagna: "Le lesioni al DNA vengono riparate ovunque nel genoma tranne che nei telomeri, ci siamo chiesti se questo potesse avere un nesso con l'invecchiamento e abbiamo riscontrato con l'età un accumulo progressivo di danni in queste porzioni cromosomiche in cellule e tessuti, indipendentemente dal loro accorciamento". Quindi a quanto pare la cellula leggerebbe il passare del tempo non solo nella lunghezza dei telomeri, ma anche nella sua integrità danneggiata, il che rappresenta un parametro particolarmente fondamentale per quelle cellule che hanno smesso di dividersi e che dunque non perdono i propri telomeri, ma che invecchiano comunque. Oltretutto all'interno della comunità scientifica era risaputo da qualche tempo che la lunghezza dei telomeri fosse un forte fattore di previsione per quanto riguarda la longevità; infatti la correlazione statisticamente significativa è stata riscontrata nel diamante mandarino, (nome scientifico Taeniopygia guttata), vale a dire un piccolo uccello appartenente alla famiglia degli Estrildidi, nell'ambito di un precedente studio condotto presso il College of Medical, Veterinary, and Life Sciences dell'Università di Glasgow e del Centre for Ecology and Conservation, College of Life and Enviromental Sciences dell'Università di Exeter nel Regno Unito, e pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. E in quel caso i ricercatori hanno ritenuto che il logorio dei telomeri potesse rivestire un ruolo cruciale nell'invecchiamento delle cellulare, connesso all'avanzare dell'età. Tuttavia gli studi sono stati ostacolati dall'ampia scala temporale lungo la quale è necessario seguire gli individui della specie d'interesse, in particolare per quelle dove viene riscontrata grande variabilità in termini di longevità. E quindi, per riuscire a colmare questa mancanza, Britt J. Hiedinger ed i sui colleghi hanno pensato di misurare la lunghezza dei telomeri in 99 esemplari di diamante mandarino e in diversi momenti della loro vita dal nido fino alla morte, con una longevità che poteva variare da meno di uno a nove anni.  In questo modo è stato possibile riscontrare che la lunghezza dei telomeri misurata a 25 giorni di vita è un forte fattore di previsione della longevità individuale. Al riguardo Fabrizio d'Adda di Fegagna ha dichiarato: "Che il DNA si rompa è un evento tutt'altro che raro nella vita della cellula; al contrario si potrebbe dire che il materiale genetico è sotto attacco praticamente di continuo. Senza considerare eventi straordinari come l'esposizione a radiazioni oppure a diversi agenti chimici e fisici in grado di danneggiarlo, le minacce vengono dalle stesse attività vitali della cellula". Inoltre lo stesso meccanismo di auto-protezione vale anche per il cancro, infatti, come ha spiegato Fabrizio d'Adda di Fegagna: "Le cellule che invecchiano cessano di proliferare, dividersi o duplicarsi, e questo mette un freno alla proliferazione delle cellule cancerogene". Per di più il cancro è il principale campo d'indagine per gli scienziati che lavorano nei laboratori dell'IFOM, del quale fanno parte anche le ricercatrici Marzia Fumagalli e Francesca Rossiello. Comunque, infine, Fabrizio d'Adda di Fegagna ha concluso spiegando: "Il nostro obbiettivo è quello di comprendere appieno i meccanismi precursori del tumore, oppure bloccare l'invecchiamento cellulare modulando i sistemi di segnalazione dei quali stiamo studiando i segreti".

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