Utilizzare troppi farmaci fa venire il mal di testa.


Di recente è stata effettuata una scoperta che sembra molto "tecnica" e che potrebbe avere delle conseguenze sulla vita di milioni di persone che soffrono di mal di testa; infatti si è scoperto che, nelle persone che abusano dei farmaci per alleviare il mal di testa, i sistemi cerebrali di controllo del dolore si alterano al punto che il danno può essere visto con una particolare risonanza magnetica funzionale "a valutazione statistica delle immagini", (cioè SPM8, sigla di statistical parametric mapping). In questo modo si è apera una nuova indagine sul fenomeno per cui l'utilizzo dei farmaco ad un certo punto, in certe persone, non funziona più ed in un circolo vizioso e paradossale comincia ad alimentare il mal di testa, che diventa una cosiddetta "Moh", sigla di Medication overuse headache, cioè "cefalea da abuso farmacologico". Con questa nuova scoperta adesso ci si potrà basare non solo sul racconto del malato perché l'alterazione si potrà vedere dall'immagine che comparirà su un monitor. Tuttavia ciò che si osserverà non sarà una perdita di cellule nervose, bensì la traccia di una riduzione del loro funzionamento tant'è che, come hanno scoperto gli studiosi, eliminando i farmaci dannosi, le immagini torneranno a mostrare una situazione di normalità nel giro di sei mesi. L'annuncio della suddetta scoperta è stato dato ad un pubblico di addetti ai lavori riuniti al terzo incontro lombardo dell'Anircef, cioè l'Associazione dei neurologi italiani per la ricerca nelle cefalee, dal suo presidente Gennaro Bussone, direttore del Dipartimento di neuroscienze cliniche dell'Istituto Besta di Milano. I dati della ricerca condotta per due anni insieme ai colleghi dell'Università di Memphis, (USA), saranno pubblicati sulla rivista scientifica Headache. Inoltre una conferma clinica a questa scoperta è arrivata da un altro studio pubblicato sul Journal of Headache & Pain dai ricercatori del Centro Cefalee del Policlinico Universitario di Modena, diretto dal presidente della Società italiana per lo studio delle cefalee, (Sisc), Luigi Alberto Pini, secondo il quale, l'abuso di farmaci specialmente per quelli che soffrono di allodinia è un altro fenomeno che si aggiunge al mal di testa per cui stimoli innocui come pettinarsi o radersi, scatenano dolore. Al riguardo Luigi Alberto Pini ha affermato: "Se l'allodinia si fa più frequente, peggiora o compare per la prima volta è segno che la soglia del dolore si sta alterando. Come hanno visto i colleghi del Besta, la prolungata esposizione all'abuso di farmaci interferisce con la percezione del dolore, la cui soglia si riduce. Ciò facilita l'insorgenza di nuovi attacchi e questo porta alla cronicizzazione della malattia". Ed, infatti, Gennaro Bussone ha confermato dicendo: "Le alterazioni da noi osservate non derivano dalla continua esposizione dei circuiti cerebrali al dolore della cefalea cronica, ma dall'abuso dei farmaci. Infatti nei pochi pazienti cronici che non abusano di farmaci le alterazioni non si vedono". E ha continuato dicendo: "Forse all'abuso contribuisce anche un fattore psicologico. Spesso questi pazienti si rendono conto di prendere troppi farmaci, ma non sanno farne a meno; è allora utile associare ai trattamenti di detossificazione controllata e di profilassi anche quelli psico-comportamentali". Inoltre, secondo alcuni ricercatori francesi, sarebbe in particolare il ricorso a barbiturici ed oppiacei a far aumentare il rischio di Moh. Infatti è soprattutto di oppiacei, barbiturici o benzodiazepine che le Linee guida europee per l'abuso dei farmaci nelle cefalee, appena pubblicate sull'European Journal of Neurology, raccomandano la sospensione immediata o graduale, instaurando subito una terapia di profilassi per la quale un solo farmaco sembra avere le carte in regola: il neuromodulatore topiramato. Il paziente va poi seguito per prevenire recidive e nuovi rischi di abuso; quesrte sono tutte raccomandazioni in piena sintonia con le nuove Linee guida italiane per il trattamento delle cefalee che saranno divulgate durante il Congresso della Società italiana per lo studio delle cefalee, il cui messaggio principale è: «Per migliorare il trattamento del mal di testa lo specialista deve operare di concerto con il medico di famiglia». Oltretutto Luigi Alberto Pini ha dichiarato: "In vista dell'applicazione della Legge 38/2010 che disciplina la gestione del dolore in ambito sanitario la cefalea va inserita tra le patologie riconosciute dal servizio sanitario in relazione alla terapia del dolore ed all'interno delle strutture pubbliche vanno programmati percorsi diagnostico-terapeutici che, partendo dal medico di famiglia, arrivino ai centri specialistici. Solo così la cefalea sarà una malattia riconosciuta in tutta la sua complessità, una malattia che nei nostri ospedali provoca liste d'attesa infinite". E ha continuato: "Nelle Linee guida abbiamo indicato l'utilità dei nuovi Fans e di determinate associazioni di farmaci e segnalato il potenziale pericolo di alcuni nuovi analgesici nei cefalalgici. Inoltre sono stati indicati fattori di scatenamento che mancavano come per esempio, l'osmofobia, (cioè la ripugnanza per i forti odori che può provocare l'attacco). Altra novità è la "cefalea da aeroplano", studiata dal gruppo padovano del professor Giorgio Zanchin; finora ne erano stati segnalati solo 37 casi, mentre il gruppo di Padova ne ha individuati 75, per la maggior parte soggetti ultraquarantenni che patiscono attacchi di cefalea soprattutto nella fase di atterraggio, (87%)". Ed, infine, ha concluso dichiarando: "Dal punto di vista della terapia si sottolinea il divieto di mischiare i farmaci per evitare effetti di sovrapposizione che impediscono anche al medico esperto di distinguere gli effetti di ogni singolo preparato".

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