Scoperto che il virus del morbillo potrebbe essere utilizzato per combattere il cancro.


A quanto pare per distruggere un tumore potrebbe essere iniettata una dose massiccia del virus del morbillo, in quanto riesce ad infettare ed uccidere le cellule cancerose, risparmiando i tessuti sani. O almeno questo è quanto sono riusciti a fare i ricercatori statunitensi della Mayo Clinic di Rochester, (in Minnesota), durante una prima prova effettuata su due pazienti malate di mieloma multiplo, le quali non rispondevano alle altre terapie attualmente disponibili ed avevano già avuto diverse ricadute. In particolare una delle due donne, (una 49enne che lottava con la malattia da ben 9 anni), pare essere in remissione completa da 6 mesi; motivo per il quale gli studiosi sperano possa essere sulla via della guarigione. Inoltre anche l'altra partecipante a questa prima sperimentazione, (una 65enne malata da 7 anni e già sottoposta a vari trattamenti senza successo), ha beneficiato della cura, con una riduzione sia del tumore a livello del midollo osseo che delle proteine di mieloma. In pratica lo studio che annuncia tale successo per il momento è stato pubblicato soltanto sulla Mayo Clinic Procedeenigs, ovvero la rivista edita dallo stesso ospedale in cui lavorano i ricercatori, e non invece, come solitamente avviene con le principali scoperte in campo medico, su una delle più importanti pubblicazioni scientifiche di rilievo internazionale. Ad ogni modo al riguardo Fabio Ciceri, direttore dell'Unità Operativa di Ematologia e Trapianto Midollo Osseo dell'Ospedale San Raffaele di Milano, ha commentato: "La Mayo Clinic è un'istituzione seria e competente sulla patologia, gli autori dello studio sono di buon livello ed i risultati dello studio clinico incoraggianti, seppure si tratti solo di una prima fase. Certo bisogna attendere le necessarie conferme, perché due soli casi sono pochi e forse pubblicare sul giornale della propria istituzione è un po' troppo autoreferenziale". E dello stesso parere è stato Fabrizio Pane, presidente della Società Italiana di Ematologia, (nota anche con la sigla SIE), nonché direttore della Scuola di Specializzazione in Ematologia Clinica presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, il quale ha dichiarato: "Onde evitare di creare false speranze e creare troppe aspettative è bene essere chiari: presso la Mayo Clinic è in corso una sperimentazione di fase uno che utilizza dosi elevate di un virus del morbillo attenuato come cura contro il mieloma. Si è osservato che questo virus riconosce un recettore espresso sulle cellule del mieloma, il CD46, ed entrando nelle cellule ne determina la lisi. Infatti utilizzando dosi elevate del virus, si può determinare una lisi selettiva della massa neoplastica". Ed ha poi concluso spiegando: "Ovviamente ci sono ancora molti problemi aperti quindi bisogna valutare la sicurezza della procedura, capire fino a che punto la terapia sia efficiente, (l'espressione del CD46 può essere un punto critico, visto che in un numero significativo di casi è bassa), e poi restano da valutare le eventuali possibili "interferenze" delle vaccinazioni effettuate dal paziente in età pediatrica". Del resto nella loro pubblicazione sono stati gli stessi autori dello studio che dichiarano di avere selezionato queste due pazienti perché non avevano avuto contratto il morbillo in precedenza e dunque avevano minori anticorpi verso tale virus. Tra l'altro la viroterapia, vale a dire la tecnica che utilizza, appunto, l'abilità o la proprietà dei virus di trovare e distruggere le cellule tumorali maligne senza danneggiare quelle sane, ha una storia che nasce intorno agli anni '50: nella speranza di trovare una strategia anticancro efficace e di "sollecitare" o rafforzare i meccanismi di difesa del sistema immunitario, migliaia di pazienti sono stati trattati con virus oncolitici, (ossia elaborati in laboratorio), derivanti da molte famiglie differenti, (da quella degli Herpes, alla varicella, ai più comuni virus influenzali). Ma tuttavia questa, secondo i ricercatori americani, sarebbe la prima volta in cui si è arrivati a dimostrare che una paziente con un tumore disseminato in tutto l'organismo ha ottenuto una remissione completa della malattia proprio grazie ad un trattamento potenziato di un virus. Certo, ci sono buone speranze, ma purtroppo è ancora troppo presto per cantare vittoria perché, si sa, i tempi della ricerca scientifica sono reletivamente lunghi e per essere certi che una cura funzioni a dovere le fasi di sperimentazione devono essere almeno tre; ed attualmente è stata superata la prima.

Commenti