Un recente studio ha scoperto come riuscire a mangiare molto senza il pericolo di ingrassare.


Una domanda che in molti, sia uomini che donne, si pongono spesso è: "È possibile non ingrassare pur mangiando di più e muovendosi di meno?"; Oppure: È possibile evitare non solo l'obesità, ma anche le sue conseguenze come ad esempio alti livelli di colesterolo e trigliceridi senza ricorrere ad una dieta ed all'esercizio fisico?". A quanto pare, secondo un recente studio pubblicato quest'oggi in un articolo della rinomata rivista Cell Metabolism, i farmaci che renderebbero possibile la realizzazione di questo obiettivo in un futuro non troppo lontano potrebbero essere realizzabili, anche se ancora c'è un bel po' di lavoro da fare. Il suddetto studio, a cui è stato dato il nome di "Brain 2-AG signaling controls energy metabolism", è stato coordinato dal professore Daniele Piomelli, a capo del Dipartimento D3 dell'Istituto Italiano di Tecnologia, ed è stato il frutto della collaborazione internazionale tra alcuni gruppi di ricerca appartenenti all'Istituto Italiano di Tecnologia, all'Università della California, (ovvero la Irvine), ed alla Yale University. In pratica da questo studio è risultato che il nostro cervello produce alcuni neurotrasmettitori chiamati endocannabinoidi, i quali agiscono colpendo i medesimi obiettivi cellulari che vengono attivati dalla marijuana. Per di più lo studio ha dimostrato che una delle anzicitate sostanze, vale a dire il 2-arachidonilglicerolo, (abbreviata con la sigla 2-AG), svolge un ruolo di primaria importanza nella regolazione del metabolismo. Infatti i ricercatori hanno scoperto che il 2-AG è in grado di controllare i circuiti cerebrali che aiutano a conservare energia corporea favorendo l'accumulazione del "grasso bruno", vale a dire un tipo di grasso che viene utilizzato per generare calore. Inoltre i ricercatori hanno modificato le cellule nervose, come spesso accade, in alcuni topi da laboratorio in maniera tale da far loro produrre delle quantità elevate di una determinata proteina che era in grado di distruggere il 2-AG e proprio a causa di questa manipolazione genetica, i livelli cerebrali di 2-AG in questi "topi mutanti" sono risultati circa la metà di quelli normali. Ciò ha ridotto fortemente la capacità del 2-AG di esercitare i propri effetti di regolazione dei vari circuiti cerebrali, producendo così una serie di effetti di primaria importanza per quanto riguarda il mantenimento del peso corporeo ed il consumo delle calorie ingerite. Oltretutto, durante le sperimentazioni di questo studio, i suddetti topi OGM, (ovvero geneticamente modificati), rusultavano mangiare più degli altri topi normali e si muovevano di meno. Eppure non risultavano ingrassare, anche se esposti ad una dieta alimentare molto ricca di grassi, e non mostravano conseguenze tipiche dell'obesità quali: l'elevata trigliceridemia e la perdita di sensibilità all'insulina. E, grazie a questi esperimenti, i ricercatori hanno potuto scoprire che le suddette caratteristiche erano dovute al fatto che nei topi mutanti il grasso bruno consumava più calorie, (cioè bruciava più grassi), che nei topi normali. Tutto ciò ha dimostrato che il 2-AG cerebrale è in grado di controllare la capacità del corpo nell'immagazzinare energia e produrre calore. Al riguardo il professore Daniele Piomelli ha spiegato: "Questo studio apre la strada alla ricerca di nuove molecole capaci di combattere quelle che rappresentano alcune tra le patologie che oggi nei Paesi industrializzati generano tra i più alti costi sociali e sanitari. Ad esempio basta pensare che in Italia le patologie che fanno parte della Sindrome Metabolica colpiscono circa 14 milioni di persone, con un continuo incremento anche nei bambini e negli adolescenti". Ed, infine, ha concluso aggiungendo: "Poter limitare gli effetti causati da un apporto troppo elevato di cibi grassi e dalla sedentarietà, ovvero quelle cattive abitudini che caratterizzano sempre di più la nostra società, rappresenta un grandissimo passo in avanti non solo in termini di salute privata e pubblica, ma anche in termini economici per i sistemi sanitari a livello globale".

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