Uno studio ha scoperto che l'obesità è dovuta alla disfunzione di una proteina nel DNA.


Recentemente un gruppo internazionale di ricerca è riuscito a scoprire che nell'organismo umano a dare il via alla reazione che provoca l'obesità sarebbe un dannegiamento della proteina chiamata GPR120, vale a dire un sensore che si trova sulla superficie delle cellule dell'intestino, del fegato e del tessuto adiposo, il quale ha il compito di controllare i grassi assunti attraverso gli alimenti. A dimostrarlo è stato, appunto, uno studio pubblicato sulla rivista Nature che è stato coordinato dall'Imperial College di Londra, al quale hanno partecipato anche l'Università degli Studi di Verona e l'Università della Sapienza di Roma. Per di più la proteina GPR120 è un recettore che riesce a legarsi alle molecole degli acidi grassi, soprattutto a quelli "buoni", (detti anche insaturi), come ad esempio, gli Omega-3. Inoltre la sua attivazione nell'intestino favorisce la stimolazione della produzione degli ormoni anti-fame e la secrezione di insulina da parte del pancreas. E nel momento in cui questa sorta di "sentinella" rileva un livello eccessivo di grassi all'interno del sangue, fa in modo che le cellule adipose aumentino il loro numero per poter immagazzinare i grassi in eccesso, evitando così che vadano a finire pericolosamente nel fegato oppure nelle arterie. Dunque, durante il suddetto studio per riuscire a capire che cosa avviene quando questa proteina è fuori uso, i ricercatori hanno selezionato dei topi di laboratorio del tutto privi della proteina GPR120 e li hanno nutriti fin dalla nascita con una dieta molto ricca di grassi. Al riguardo Raffaella Buzzetti, docente di endocrinologia all'Università della Sapienza di Roma, che ha partecipato allo studio, ha spiegato: "Fin dalle prime settimane di vita, questi topi hanno sviluppato obesità, intolleranza al glucosio ed insulino-resistenza, (cioè tutte anticamere del diabete), oltre al cosiddetto fegato grasso, vale a dire la steatosi epatica". Successivamente il gruppo di ricerca ha deciso di passare dagli esperimenti su topi a quelli sugli esseri umani. Quindi i ricercatori hanno analizzato il DNA di circa 7 mila pazienti affetti da obesità, (tra cui anche diverse centinaia di pazienti italiani), e lo hanno confrontato con quello di un numero equivalente di soggetti dal peso regolare. Così facendo sono riusciti ad  individuare una mutazione genetica che altera, appunto, la struttura della proteina GPR120, la quale è la causa principale dell'incremento del 60% del rischio di obesità. Oltretutto questa scoperta è stata molto importante perché ha reso più chiari i complessi meccanismi che portano all'obesità. Infatti Raffaella Buzzetti ha proseguito dichiarando: "In futuro potremo valutare il DNA di ciascun paziente per impostare un programma di prevenzione, oppure potremo mettere a punto un farmaco che agisca su questo recettore alterato; tuttavia per il momento è ancora troppo presto per fare previsioni". E quindi chi tende ad essere in sovrappeso non deve però nascondersi dietro la giustificazioni del DNA. Infatti la stessa Raffaella Buzzetti ha concluso evidenziando che: "Essere portatori di questa mutazione però non significa diventare per forza obesi, infatti, molto dipende anche dall'alimentazione che scegliamo di adottare".

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